giovedì 7 marzo 2013

Pensare Dio (secondo Dio)



Nel celebre e controverso episodio della confessione di Pietro, riportato nel capitolo 16 del Vangelo secondo Matteo, la parola di Gesù, al rimbrotto di Pietro, è aspra.
"Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini."
Pietro immaginava un Messia dominatore. Dio immagina sè stesso nell'abbassamento e nel dare la vita di Suo Figlio per l'uomo.
Molta della teologia moderna vive la stessa problematica. Categorizza Dio secondo modi di pensare aristotelici e secondo una "teologia della gloria" estranea al racconto dei Vangeli. Proiezioni freudiane? Forse. Ed allora la critica di Feuerbach al Dio prodotto dal desiderio umano, diventa un correttivo e un rimprovero utile. Infatti, Dio salva prima di tutto in forza della sua debolezza e pazzia (cfr. 1 Corinzi 1,25), le quali si dimostrano più sagge del sapere e della forza umana. Dio è un Dio che si rivela e fornisce all'uomo una pista di pensiero aperta, la quale si completa soltanto in un cammino relazionale. L'uomo, al contrario, pensa a un Dio che ha più le caratteristiche di un super-eroe, dove le doti umane vengono elevate all'ennesima potenza. 

Una teologia che vuole essere coerente con quanto racconta il Nuovo Testamento, dovrebbe reintrodurre nella sua visione sistematica concetti come "kenosis" (cioè, abbassamento), dolore del Dio Trinitario e soprattutto le categorie di relazionalità che molta scolastica cattolica e protestante hanno escluso. 
Cosa va detto oggi all'uomo moderno? Dovremo parlare dell'onnipotenza di Dio nonostante Auschwitz, nonostante i massacri in Africa, nonostante i problemi ecologici, gli sconvolgimenti climatici e quant'altro ci testimonia un qualsiasi quotidiano? Dovremmo continuare a fare la nostra difesa di Dio, seguendo le nostre categorie di pensiero e cercando di "discolpare Dio"? Non credo. 
Il mondo non ha bisogno di un Dio dalle mani pulite, senza macchia e perfetto da un punto di vista logico e metafisico. 
Il mondo chiede esattamente il Dio che si rivela in Cristo: un Dio che si abbassa, che soffre, che lascia all'uomo la libertà della sua scelta, ma che al contempo continua a essere a fianco dell'uomo, per l'uomo e con l'uomo. "Il dolore di Dio deve essere testimoniato" (Kazoh Kitamori - Teologia del dolore di Dio, ed. Queriniana). 

Molto potrebbe cambiare se, invece di fare le veci di Pietro, cominciassimo a sentire di nuovo quella parola dura di Gesù rivolta all'apostolo, e cominciassimo a pensare Dio "secondo Dio"; ovvero, attraverso la vita di Cristo, che rimane, l'unica interpretazione corretta di Dio stesso. 

"Nessuno ha mai visto Dio, L'unigenito che è nel seno del Padre è quello che l'ha fatto conoscere". (Vangelo secondo Giovanni 1,18)

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